giovedì 23 gennaio 2014

Pillole di storia #2

In questi ultimi mesi, l'attenzione della popolazione di Rocchetta Sandri e' stata rivolta per lo piu' alla situazione in cui versa la Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni Battista, che necessita di ristrutturazioni al tetto, di un impianto di riscaldamento, del riposizionamento del rosone crollato nel mese di novembre 2013... Insomma, di tanti, tantissimi lavori, per i quali ci si sta adoperando e si spera di avere presto notizie - se non buonissime- che almeno facciano sperare qualcosa di positivo. 
Pero', non dimentichiamoci che Rocchetta puo' vantare anche un altro piccolo santuario, l'Oratorio della Madonna del Voto, e qui di seguito vi riportiamo un po' di notizie sulla storia dell'oratorio e le origini di quel voto che ricordiamo ogni ultima domenica di settembre.

[Il testo qui sotto, elaborato da Andrea Magnani, era stato reso pubblico in occasione del 150' anniversario della Madonna del Voto, nel 2005].

Cartolina degli anni '50.
Ringraziamo Alessandro Zagaglia per la condivisione.
Nel centro di Rocchetta Sandri, attraverso un’antica scala d’arenaria, si giunge in un piccolo ma bellissimo pianoro ove si erge l’oratorio della “Crocetta”, dedicato alla natività di Maria (8 Settembre), che è anche chiamato “Oratorio della Madonna delle Grazie”.
L’attuale oratorio è stato riedificato ed ampliato nel 1935, mentre l’antico (come risulta dalla scritta sull’architrave della porta della sagrestia) era stato costruito nel 1631 e restaurato nel 1721.
L’antico oratorio era attiguo all’attuale campanile, il quale, secondo vari cenni storici, risulta della stessa epoca; il santuario era di proporzioni più modeste e in più aveva tre stanze che molto probabilmente servivano come alloggio di un eremita, che dedicava la sua vita alla preghiera e alla custodia dell’oratorio.
Nel 1855, una terribile epidemia (chiamata “Morbo Asiatico” e volgarmente “Cholera”) devastò l’Italia, giungendo sino a Rocchetta, la quale ne rimase colpita. Dai registri dei morti della parrocchia, risulta che il morbo ebbe inizio l’8 settembre del 1855, con la morte di Ciocci Domenica (di anni 71) e si prolungò per tutto il mese di settembre, terminando con l’ultima morte di colera il 9 ottobre dello stesso anno. Le vittime di questa tragedia in tutto furono 26. Come specifica ogni singolo atto di morte, anche i colerosi erano assistiti dal parroco (don Domenico Benassi) e tutti ricevevano i sacramenti della confessione, comunione ed unzione degli infermi; mentre i loro cadaveri, per evitare la diffusione dell’epidemia, non erano portati in chiesa per le “Solite Esequie” e non venivano sepolti nel cimitero parrocchiale, ma, di primissimo mattino, accompagnati dal parroco e dai parenti più ristretti, venivano benedetti e sepolti in luoghi appartati, lontano dal paese abitato. Il registro parla di vari luoghi di sepoltura; tra questi: “Campo detto della scossa tra il gallinaro e la cà della Elisa”, un “cimitero delle piane della chiesa”, “salda detta dei Pradacci sotto la Vogliosa e nella parte delle due strade”, “Prato di mezzo sotto la casetta”, “cimitero contiguo al nuovo della chiesa”. Di questi luoghi e di queste tombe il tempo ha cancellato ogni traccia.

In questa situazione d’immane tragedia e d’immenso dolore la gente di Rocchetta, assieme al parroco, si è rivolta fiduciosa alla Madonna delle Grazie, con funzioni religiose, preghiere, confessioni, comunioni, S.S. Messe, perché facesse cessare questo terribile flagello e fece un solenne “Voto” alla Vergine: se avesse ottenuto dal Signore la grazia di essere liberati dal “Colera”, tutta la parrocchia si sarebbe impegnata con promessa solenne per tutti gli anni avvenire di ricordare e ringraziare, con immensa gioia e gratitudine, questa speciale grazia e precisamente l’ultima settimana di settembre d’ogni anno, con preghiere, sacramenti, S.S. Messa e processione.
A questo voto solenne (“riferisce don Rutilio Landi”) “immediatamente il Colera cessò”. L’anno seguente (1856), il giorno 7 agosto, presso il notaio Dottor Cesare Cassai, gli abitanti di Rocchetta costituirono un capitale di modenesi £ 1000, messe assieme dalle offerte di tutti i parrocchiani, i cui frutti annuali (6%) dovevano servire al mantenimento dell’oratorio e per le celebrazioni religiose dell’ultima settimana di settembre.
La somma di £ 1000 fu depositata presso la curia di Nonantola. £ 300 per il Triduo del Voto e £ 700 per il mantenimento dell’oratorio, riparazioni, arredi e cera, investite in cartelle (“Società Ferroviarie Piacentine”) che poco dopo fecero fallimento e andarono perdute.

Da allora, al titolo della “Madonna delle Grazie” si è aggiunto “Madonna del Voto” e così l’ultima domenica di settembre è chiamata “La Festa della Madonna del Voto”.

[continua..]

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